martedì 22 aprile 2014

Kibbutz, mon amour...

Primo principio agricolo al Lotan!
Direi che è piuttosto superfluo dichiarare dove abbiamo passato gli ultimi 10 giorni: le foto postate sulla pagina facebook penso parlassero da sole. Il Maso in trasferta in terra d'Israele, per ritrovare vecchi amici e incontrarne di nuovi. 
Tra le mille cose di cui si potrebbe parlare a proposito di questo strano, meraviglioso e complicato paese, scelgo quella a me più affine: i kibbutzim!
Ho scassato la pazienza dei nostri amici con milioni di domande al secondo: cos'è il kibbutz? quanti sono? dove sono? com'è la vita quotidiana? che fanno? sono religiosi o no? che coltivano? sono bio? Alla fine, stremati, mi hanno portata a passare un paio di giorni nel deserto...a caccia di kibbutzim!!
Due giorni meravigliosi fra il kibbutz KETURA e il kibbutz LOTAN, nel bellissimo deserto dell'Aravà, la zona del Negev confinante con la Giordania.
Casette dei volontari...fango, sabbia e paglia.
I kibbutzim del deserto sono forse quelli che ancora si ispirano ai principi e ideali che accompagnarono la fondazione dei primi kibbutzim in Israele: egualitarismo, agricoltura come fondamento della convivenza fra le persone, forte condivisione dei (numerosi) momenti collettivi, religiosità aperta e "alternativa", molto rispettosa delle scelte personali. Sarà il clima, sarà l'isolamento, ma il risultato è che sono posti dove abbiamo respirato un'aria diversa, per noi nuova. Siamo stati accolti (come sempre e ovunque, a dire il vero) con grande dolcezza e gentilezza. Siamo stati coinvolti nei riti serali di shabbath shalom, abbiamo esplorato, curiosato, fotografato, chiacchierato...senza per un attimo cogliere sospetto o diffidenza da parte dei residenti. I bambini, nel kibbutz HULDA dove siamo stati ospitati per la maggior parte del tempo, hanno giocato liberi e ben accolti con gli altri bambini del kibbutz, in un clima che a noi ricordava vagamente quello del campeggio (?!).
E il kibbutz LOTAN, mi ha rubato il cuore. Ci ho passato un pomeriggio, ma la sera mi addormento pensando a come organizzare una nuova trasferta...e questa volta vorrei passarci davvero un po' di tempo. E' come se in me si fosse risvegliata una (sopita negli anni) voglia di comunità...ma ormai sono passati i tempi in cui sognavo comuni di frikkettoni dediti al fancazzismo quotidiano (al massimo una pasta scotta a mezzanotte)! Diciamo che avevo "buttato il bambino con l'acqua sporca": non ho più voglia di collettivismo giovanilista ergo non ho più voglia di collettivismo tout cour. Ma ho scoperto che non è ancora così per me (per il Bauer, ehm, non saprei...). 
E quindi vorrei davvero passare un po' di tempo là con la mia famiglia: sarebbe bello provare cosa significa davvero vivere, lavorare e imparare in comunità. Penso che per i bambini soprattutto sarebbe un'esperienza unica, di grande valore formativo. E anche per noi. Chissà se ci riusciremo...
Poi però si torna al maso, eh!?! Il collettivismo mi garba, ma nel Negev!!
Il deserto...

martedì 1 aprile 2014

E poi vennero i "nativi montanari" del terzo millennio...

Si parla di figlioli: argomento spinosissimo e scivoloso! Mi devo reggere, resistere alla tentazione di enumerarvi le prodezze dei tre fenomeni. Cioè, io sono convinta, lo ammetto, di avere tre fenomeni di figlioli, le cui capacità sono ineguagliabili e lo resteranno nei secoli dei secoli. 
Fatta questa doverosa premessa, che mi qualifica nel gruppo "madri inferocite", ma almeno sincere, passo all'argomento che voglio trattare oggi: gli effetti del maso sulla prole innocente.
Come già detto in altri post, il tipo di vita che conduciamo NON è frutto di un preciso e ordinato progetto alla base della vita di noi adulti, figuriamoci se c'era anche solo l'idea di creare "La casa nella prateria" per i pupi.
Anche in questo, il maso ci ha messo lo zampino, in maniera lenta ma inesorabile (a questo punto penso sia davvero una specie di Overlook Hotel con una sua personalità, ci manca di vedere le gemelline nel corridoio!!) .
Nascere in mezzo ai monti, prima di tutto, lascia un imprinting di cui non ti accorgi subito, ma che si dispiega pian piano e a un certo punto, tu, pisana cresciuta allo stabilimento balneare Bagno Lido, ti chiedi se sono davvero figli tuoi o se qualcuno ha sostituito il surfista tatuato che ti aspettavi, con un orso bruno che parla strano.
Intanto, loro hanno cominciato a camminare in salita: per davvero! I primi passi li hanno mossi su un prato pendenza 30°, quindi l'andatura naturale per loro è una leggera inclinazione in avanti, pronti, anche in pianura, ad affrontare l'eventuale (per loro ovvia e certa) salita che sta per arrivare. Il passo è deciso, pesante, piantato in terra. 
La salita: condizione naturale del "nativo montanaro"
E le paure, altre dalle mie di quando ero bambina. Esempio illuminante: una volta, eravamo dalla Nonna di città in città (appunto) e i tre non riuscivano a dormire. Motivo? Erano spaventati dai rumori del condominio: "nonna ma qui c'è un sacco di gente, chissà quanti malintenzionati!". Figurarsi la Nonna, che tutte le volte al maso guarda fuori, nel buio, e si dice certa che ci sia un bruto appostato nel bosco, o una bestia feroce, o un elfo o chissacchè. Questa dimostrazione della teoria della relatività la colpisce a fondo!
O la paura delle macchine, che va benissimo, ci mancherebbe, ma mi pare a questo punto un tantino sopra le righe...
A volte sembrano Amish nell'anno sabbatico.

E il rapporto con gli animali, la terra, il lavoro. Quello che per me è una continua scoperta e che mi cambia quotidianamente un po' (ma so che sono troppo "vecchia", ho avuto un altro imprinting, un'altra infanzia, altri luoghi mi hanno formata e so che il senso di stupore che mi aleggia spesso dentro non passerà mai), per loro è ovvio, quotidiano, spesso banale e noioso. Mi spiego: spesso mi viene detto"chissà che contenti i tuoi figli di avere tutti questi animali" e a me dispiace deludere, ma devo rispondere che IO sono contenta di avere tutti questi animali, loro sono...tranquilli (rassegnati?!?). Gli animali per loro sono parte della vita quotidiana, e la vita quotidiana spesso è noiosa. Gli animali sono lavoro della mamma, e lavoro della mamma=meno tempo per loro, quindi...e da un paio di anni, sono lavoro anche per loro. Ognuno ha un compito, in estate, che cambia e evolve man mano che crescono. L'anno scorso i due grandi dovevano, alla sera, portare in stalla le capre. Le prime due volte, felicissimi. Poi, un'agonia: urla (mie) e pianti (loro). Altro che contenti!!E sorvolo sul piccolo Bauer che alla prima occasione me le ha pure perse nei boschi...
Ad ognuno il suo lavoro
La piccola poi, secondo me fra 10 anni scappa con un chitarrista punk verso la metropoli tentacolare e al maso non ci mette più piede neanche morta.

Insomma, banalmente, quelle che per noi sono scelte (nostre o del maso, è uguale), per loro sono il normale scorrere dell'infanzia che NOI abbiamo scelto per loro.
E io, stupidamente, ogni tanto, se si lamentano, ricordo loro quanto sono fortunati a vivere qui, ad avere animali, a vivere a contatto con la terra, la montagna, la libertà...insomma, vorrei che guardando "Heidi" non contestassero ogni minuto la sceneggiatura (tipo che la capretta Neve "figurati mamma se la tenevano, le caprette che non crescono mica si tengono!!"), ma che pensassero "ammazza oh, che culo che c'abbiamo!".

Ma questo è impossibile da capire da piccoli, soprattutto se ti è chiaro che... non avrai MAI la Playstation!!